mercoledì 20 novembre 2013

“Ad Ugo Lanzalone” Contro ogni pensiero unico

Un grande temporale per tutto il pomeriggio si è attorcigliato sui tetti prima di rompere in lampi, acqua. Fissavo versi di cemento e di vetro dov'erano grida e piaghe murate e membra anche di me, cui sopravvivo. Con cautela, guardando ora i tegoli battagliati ora la pagina secca, ascoltavo morire la parola d'un poeta o mutarsi in altra, non per noi più, voce. Gli oppressi sono oppressi e tranquilli, gli oppressori tranquilli parlano nei telefoni, l'odio è cortese, io stesso credo di non sapere più di chi è la colpa. Scrivi mi dico, odia chi con dolcezza guida al niente gli uomini e le donne che con te si accompagnano e credono di non sapere. Fra quelli dei nemici scrivi anche il tuo nome. Il temporale è sparito con enfasi. La natura per imitare le battaglie è troppo debole. La poesia non muta nulla. Nulla è sicuro, ma scrivi. (Traducendo Brecht di Franco Fortini) Presso la CASA DEL POPOLO “G. DI VITTORIO” “Ad Ugo Lanzalone” Contro ogni pensiero unico http://contrognipensierounico.blogspot.com/ Sabato 14 Dicembre 2013 dalle ore 20,00 in Via Castelforte, 4 – Roma La serata sarà interamente dedicata al poeta, amico e compagno Ugo Lanzalone ed alle sue poesie. Una serata di condivisione e convivialità. Si potrà cenare assieme a sottoscrizione a partire dalle ore 20.00. Dalle ore 21.30 ci sarà solo poesia. Ritorniamo ancora una volta al circolo Tor de Schiavi del Partito della Rifondazione Comunista IN VIA CASTELFORTE, 4 per ritrovarci, ricomporre le tracce di altri incontri, costruire le tracce di futuri incontri, ripercorre memoria passata e futura, fare poesia. Non perdiamoci di vista. Giuseppe Spinillo (VERRETE AGGIORNATI MOLTO PRESTO SU ALCUNI DEI FUTURI POSSIBILI)

sabato 10 dicembre 2011

ITALIA OGGI

Al conformismo di passi già fatti
versi letti e mai vissuti, a congresso
centellinati nel dosaggio preventivo
di emozioni a verbale, ragionevoli
ombre, maggioranze e minoranze
avvedute, mutamenti a pareggio,
di bilancio, colletti inamidati,
smerigliati, zupponi predigeriti,
ben liofilizzati, partiti "di classe",
sindacati "a misura", scioperi
millesimati, birre analcoliche
ribellioni oniriche, conformiste
anemiche, al niente, al nulla
più indifferente, oratoria fascinosa
retorica incipiente, incipriata,
impomatata, in attesa dell'ultima
puntata, di una storia finita,
riciclata, ricalcata, in foggia
perfetta, su trama già scritta
tranquillante collettivo da inserire
in Costituzione, con voto unanime
Nazione ben educata
Popolazione responsabile.

lunedì 21 novembre 2011

verso il 15 dicembre

Ancora una volta, per il terzo anno consecutivo questa iniziativa
volta a tenere viva e palpitante la poetica di Ugo Lanzalone
viene ospitata nel circolo del partito della rifondazione comunista
tor de schiavi in via castelforte 4.
Circolo dove è stato per tanti anni iscritto Ugo.
Ringraziamo questo luogo in cui spesso si sono incontrati
linguaggi diversi e diverse culture.
Giuseppe Spinillo



venerdì 11 giugno 2010

Raccolta dedicata ....

.



.......... ad Ugo Lanzalone amico, poeta, compagno.






giovedì 6 maggio 2010



Il 15 Dicembre 2010
ci sarà una serata
interamente dedicata
ad Ugo Lanzalone
ed a lui ispirata
per ricordare le sue
parole
e per crearne di nuove
partendo dalle sue.

Il posto ancora non ci è noto,
ma la volontà di esserci sì!!


Non perdiamoci di vista!!!
Giuseppe Spinillo

lunedì 8 febbraio 2010

Al primo marzo

Un appuntamento importante il primo marzo
lo sciopero dei migranti
una giornata in cui come si usa dire in questi casi
SIAMO TUTTI MIGRANTI
dalla parte dell'ingiustizia subita
dalla parte più debole.
Io parto per un viaggio in Argentina,
verso il Sud più Sud di tutti i Sud,
verso la Patagonia
e poi verso la Terra del Fuoco.
Sarò a Roma il primo di marzo assieme ad altri Sud.
A presto
Non perdiamoci di vista
Giuseppe


mercoledì 16 dicembre 2009

Fabio Feliziani

... assente dalle foto in quanto fotografo.

Ecco i due brevi componimenti poetici
che ha dedicato ad Ugo.

(La poesia di Ugo)

Non c'è
una parola in più.
Non c'è
una parola in meno.
C 'è
una parola che ce lo può restituire:
Poesia.

(Allitterazione)

Vieni con me,
andiamo,
torniamo,
veniamo.
Vieni?
Se non vieni,
chiedi almeno venia.
Peccato veniale :
mai venale.



Il ballo non è la danza: è più popolare, più spensierato.

Si potrebbe dire che mentre la danza è la tragedia, il ballo sia la commedia.
Un Dio danza, non balla;
anche Dioniso danza: anche lui, che pure è un Dio sregolato e trasgressivo.

L'uomo che vuole somigliare agli Dei, danza;
l'uomo che vuole rassomigliare agli uomini balla.

Il ballo è casalingo, sa di cucina, di sapone, di alcova;
anche quello di corte, quello che si dà le arie.
La danza è solitaria; è l'aquila; è il nobile portamento.

Il ballo non sa stare da solo, cerca compagnia, per sentirsi esistere ha bisogno dell'altro e di ben forniti buffet: tartine, spumanti, vini dolci.

La danza è la cerimonia sacra, la liturgia solenne.
Il ballo è la sagra contadina, la balera, il salotto borghese.

Nel ballo ci si incontra e ci si può sposare, nella danza mai.


(Ugo Lanzalone)

martedì 15 dicembre 2009

15 dicembre 2009 Emanuele ed i muri



Esistono tanti muri, molti dei quali, si trovano nella nostra mente o mentalità.
I muri nella mentalità, sono, secondo me, i più difficili da superare, perchè é difficile cambiare idea su qualcosa di importante, anche se si tratta di qualcosa di importante solo per noi, e che ad altri non interessa.
Il razzismo é un esempio di muro che divide una diversa etnia di persone da un'altra.
E, a proposito di razzismo, mi viene in mente una breve storia: un africano che aveva paura dei cinesi, un giorno incontrò uno di essi e cercò di evitarlo ma se lo ritrovò vicino. Un altro giorno lo incontrò alla cassa del supermercato e, come al solito, cercò di evitarlo e andò vicino a un italiano che però aveva paura degli africani e, a sua volta, si spostò vicino al cinese che però aveva paura degli italiani e si allontanò. Cosi', queste persone, come milioni di altre, non si parleranno mai, nè si metteranno d' accordo su nulla.
Ma il razzismo non é l' unico muro esistente. Infatti esistono anche le fobie, un altro muro che si può abbattere.
Un altro muro sta nella politica, che ti fa arrivare a odiare una persona per le cose che fa e chi glielo ha permesso.
Invece, i muri materiali, meno difficili da buttare giu' sono sempre fondati da motivi mentali o per dividersi dei territori, cioè semplicemente per spartizione che però, come il muro di Berlino hanno diviso due paesi. Pero' i muri divisori tra due paesi non vengono costruiti solo per questo ma anche per evitare il contatto fisico come nelle guerre anche se si possono presentare come trincee o fili spinati.




15 dicembre 2009 "soci fondatori"












Con Ugo Lanzalone, io e Simona Verrusio, abbiamo iniziato nel febbraio 2005
un'esperienza di lettura poetica che poi è proseguita nel corso degli anni
sempre con aspetti nuovi e nuove partecipazioni ma sempre con lo stesso
spirito di condivisione.
Ringraziamo Ugo di esserci stato e di aver vissuto assieme quei momenti
che non dimenticheremo mai e che ci spingono sempre a proseguire
anche in quei momenti in cui verrebbe voglia di mollare tutto.
Ma noi, si sa, non molleremo mai.
Giuseppe

15 dicembre 2009 contributi alla serata














































lunedì 14 dicembre 2009

venerdì 27 novembre 2009

giovedì 24 settembre 2009

15 dicembre 2009


il 15 dicembre 2008 Ugo Lanzalone ci ha lasciati
ed ha lasciato un vuoto di senso nella vita di chi lo ha conosciuto

perchè la sua poesia ci resti vicina
il 15 dicembre 2009 nei locali di via castelforte 4
del circolo del PRC tor de schiavi
dove era iscritto
ci sarà una serata poetica interamente a lui dedicata

chi vuole può da subito mandare la propria adesione
con una email
a
giuspin61@libero.it

o telefonando al numero
366 6695011
Giuseppe Spinillo

venerdì 22 maggio 2009

Intervento di Fabio Feliziani



UGO

Di Ugo Persona colpisce la magrezza che si riverbera nella sua poesia asciutta.
Così magro che può appendersi alla sua sigaretta dalla quale aspira/inspira l’ispirazione; così lieve e discreto che lascia riluttante traccia sul letto in cui riposa.
Un corpo troppo fragile per il cuore che batte forte, come a un usignuolo, come a Leopardi, come a Edith Piaf.
Di Ugo Poeta colpisce il peso dei pensieri che non si capisce come non arrivino a scardinare la sua persona.
Colpisce il peso delle parole: parole a doppio ingresso e molteplici uscite, ricche di remoti passaggi segreti, di trabocchetti linguistici, iterazioni, ossimori, ossessioni.
Urla, ma con discezione, solo negli epigrammi, nelle invettive contro il Capitale. Ma, pure, si contenta del verso dell’assiuolo, il chiù.
Avevo scritto alcuni versi per lui, ma non vorrei che suonassero come “la scrittura idiota messa lì da qualcuno non si sa perché”. Preferisco leggere versi suoi sulla Poesia, “istrice che lancia aculei”, e sull’Amore.

Da Frammenti di un poema finale:
Poetica
Corrispondenze
Poetica II
Visita II
Salenitana III

Da Ustioni
Per Rosanna III, VII, IX
Colori

Da Notizie false
Sordina

Intervento di Eligio Lupo


“Sublime spirito, tu mi hai dato, mi hai dato tutto,
che io ti pregai. Non invano tu il tuo volto
nel fuoco a me hai volto.
Hai dato a me la splendida Natura per regno,
forza per sentirla, per goderla.
Non solo il freddo stupore di una visita mi concedi,
mi permetti di scrutare nel suo profondo petto
come nel petto di un amico” (GOETHE, Faust).

Il suo non è stato mai un sapere rassicurante.
Il suo è stato un continuo vigilare e nello stesso tempo un allontanare da sé ogni seduzione intellettuale, ogni canto ammaliatore.
Dentro la sua voce si ascoltava la dannazione e la redenzione.
Ha donato la poesia a coloro i quali non l’hanno mai cercata.
Donata a tutti, diversa per ciascuno nel suo perenne domandarsi, rivolta al nostro interrogarci.
Negli ultimi tempi, la sua scrittura, era diventata ancora più urgente, come sottoposta ad un bisogno pressante. Quando l’urgenza preme l’estetica si spreme. Non era un nichilista ma il significante del linguaggio della sua scrittura traspone l’annichilimento dell’essere umano straniato dal deserto del reale. Così,Ugo Lanzalone, arriva ad esplorare l’inferno dell’esistente e la sua estetica smentisce quel culmine dell’immediatezza del sentire che fa recepire e metabolizzare facilmente, tutto ciò che tradisce la potenza della mente. “La mia poesia è infetta, ma può dare il vaccino che protegga dai facili comodissimi pensieri”, dice ancora Ugo. La sua morte, così difficile da digerire, è ancor più dura a doverla sopportare, non solo per l’uomo che era ma per quello che ci ha lasciato dentro. Mi mancherà il suo LOGOS che lacera. La mai urlata rivolta perenne delle sue sconvenienti verità.
Il suo pensiero - necessità irrinunciabile fra filosofia e poesia - incarna come se avesse voluto vivere ai margini della conoscenza a volte, del suo sapere, del suo essere stato fine intellettuale, critico e comunista, “quand’anche la materia del suo dire fosse stata un canto”. E comunque mai un canto solo. Un mondo della poesia aperto, dove tutto può essere possibile, deve essere possibile, come il modificarne i confini, e il suo contributo è stato tale che i confini finiscono per non esserci più. Indulgere Genio, diceva il Suo dio intimissimo e personale e Lui a Genius ha risposto con la Sua esigenza che è diventata anche la nostra. Questo ci lascia il nostro caro Ugo. E Giuseppe Spinillo, che aveva cooperato insieme a Lui, sarà testimone del Suo accondiscendere e concedere al mondo aperto della poesia; accondiscendente e concessivo come Lui, aperto al senso più ampio delle possibilità: e qui l’esigenza di Giuseppe coincide anche con quella che era la Sua esigenza.
Ugo ha mescolato, con rara umiltà – col distinto inappuntabile rigore della “sua” poesia – lo spettatore con la poesia e l’autore. All’interno dello spettatore ha fatto dimorare contenuti della poesia misconosciuti, che lo spettatore ha fatto propri, grazie anche al suo essere stato poeta-autore-spettatore. Ugo è stato uno di quelli che ha fatto scavalcare i muri insormontabili che la poesia spesso pone allo spettatore. Qualcuno ha scoperto la rivelazione di sé, portando alla luce ciò che la propria vertigine in precedenza gli aveva taciuto. Non sarò certo io a guardare quelle “vele verso terre non ancora scoperte”, dice Nietzsche, e la poesia di Ugo è proprio verso quelle terre che ambisce e approda, dal mio punto di vista.
La luce di Ugo cerca di raggiungerci e ci riesce, è il poeta contemporaneo che tiene fisso lo sguardo negli occhi di questo nostro secolo, non facendosi mai accecare, scorgendone luci, ombre e oscurità. “Contemporaneo è colui che riceve in pieno viso il fascio di tenebra che proviene dal suo tempo”, dice G. Agamben. Ed Ugo, poeta contemporaneo, questo fascio di tenebra lo riceve, lo trasla e con la sua poesia ce lo trasmette. Come ci trasmette anche, in Frammenti di un poema finale, il testamento della sua poesia e della sua poetica premonitoria, hoelderliniana, consapevolezza che la fatalità della morte, sempre in agguato, gli impone il presentimento che da lì a poco non lo risparmierà.
Avrei voluto trovare altre parole, che non la probabile trasfigurazione espressa in queste poche righe, per riuscire a dire del suo LOGOS e dell’efficacia a-stilistica della sua poesia, che ho sempre amato e apprezzato anche per il suo carattere lapidario. Che ritrovo in Poetica, epigramma della sua volontà di potenza, che dis-piega cos’è la sua poesia, com’è, cosa suscita, quello che lascia dentro. Poetica, è il primo testo di Frammenti di un poema finale, che ora vi leggo.


Poetica

La mia poesia non è adatta allo svago,
sì forse alla festa, non dà requie,
è dura
istrice che lancia aculei,
si inarca nell’attacco e fa male.
Ma poi improvvise curve
possono ristorare femminili
l’affannato viandante che l’attraversa.
La mia poesia è infetta,
ma può dare il vaccino che protegga
dai facili comodissimi pensieri.
Ci puoi anche giocare.
La ferita resta.

locandina di locanda hermann

lunedì 18 maggio 2009

Grazie a tutti per esserci stati
per aver letto
per aver ascoltato

ci saranno altri momenti
e questo blog servirà per tenerci aggiornati
per trovare spunti ed idee per
ipotesi future

Grazie Ugo
di tutto quanto
Giuseppe Spinillo

domenica 10 maggio 2009


L’Associazione Culturale “Ingresso Gratuito”
ed il Sito internet di scrittura www.descrivendo.com

presentano
“Ad Ugo Lanzalone” Contro ogni pensiero unico
http://contrognipensierounico.blogspot.com/
Sabato 16 Maggio 2009
alle ore 20,00 in Via Castelforte, 4 - Roma

La serata sarà interamente dedicata al poeta, amico e compagno Ugo Lanzalone ed alle sue poesie.
Si leggeranno suoi componimenti, poesie direttamente ispirate dalla sua poetica od a lui dedicate, e vi saranno proiezioni video.
Si potrà cenare assieme con un piatto di pasta ed un buon bicchiere di vino dalle ore 20.00.
Contributi alla serata di Alida Castagna, Antonio Padula, Domenico Sacco, Francesca Farina, Eligio Lupo, Fabio Feliziani, Diego Ionta, Biagio Propato, Bruno Lanzalone, Silvana Matozza, Guido Bonacci, Simona Verrusio, Mario Pelosi, Desi e Patrizia Calogero, Mara Guidi, Giuseppe Spinillo, ed altri.

mercoledì 6 maggio 2009

A Daniela


Decidesti la fine. Ci lasci
parole, la mano che scrive
ingenua agli agitati, furbeschi Congressi di Partito.
Il silenzio.
Dicevi che volevi capire, avevi
sorrisi smarriti, luminosi anche,
io ti parlavo.
Dovevo ancora dirti, raccontarti, anche tu forse, ci saremmo
incontrati, ancora, forse, un giorno
fuori da questi muri di Partito e poesia,
ti avrei offerto un caffè, birra,
io il solito the,
un'amicizia più forte, mi piaceva
il tuo domandarti intelligente e vero.

Non so se sia tristezza che spinge in questi versi
o altra cosa di umani
per te che resti
e noi che non andiamo
- come sempre
parla a se stesso chi vivo parla ai morti- non ti piaceva questo adattamento
per questo ci incontrammo
in queste stanze, ti stremava il lavoro, la fatica
grande, pagata male, l'incerto futuro,
l'andare e ritornare da città a città
fino alla sera, ai tuoi ritorni
trovavi stanze vuote
di sorrisi o carezze, parole.
Immagino domeniche svuotate
che conosco. Altro ancora, forse ancora più forte ti frastornava
che seppi in un telefono in un luglio
che disfaceva te, ogni cosa.
Ma non ti sei salvata
e non ti sei perduta
perchè non c'è salvezza
nè perdizione solo
lo strano stare di umani.

Noi qui contiunuiamo
a viverci, si passa
il tempo che resta, come sempre, a via Castelforte, Giuseppe
sta dicendo del Chiapas dove è andato e venuto, conosci il suo va e vieni,
di bradipi, poesia lo conosci è Giuseppe;
e Umberto, Michelangelo, Pasquale, Franco, Eligio, Fabio, gli altri,
insomma siamo ancora, esistiamo,
resistiamo, esitiamo.

Ma non dirò che vivi nel ricordo per sempre in noi, che non sei mai morta. Sei morta
invece
e non vivi
e anche noi un giorno. Ci precedesti soltanto.
Non fu viltà, coraggio, false parole di istupiditi umani; fu altro,
forza immane
di organismo animale
che governa classi, popoli, Chiapas, tzeltales,
e comandanti, subcomandanti e me, te, il bradipo, poesia.
Non fosti tu, non tu decidesti la fine -fu falso il verso dell'esordio-
altra forza trascina
al fare al dire al pensare.
E sì, è tristezza che spinge in questi versi
che ti piacevano
e come sempre dicono di un'assenza.
Dammi però l'inizio
tu che decidesti la fine
per quando anche io non sarò stato. Adesso
voglio pensarti indocile
fibra dell'universo
come me vanamente ribelle
chè la rebeldia non è che disadattamento per altro adattamento, non si sa se migliore
e per quanto.
E' l'ora del saluto.
Non posso dirti addio, arrivederci,
non posso dirti niente.
Non sei mai stata.

(Ugo Lanzalone)

mercoledì 22 aprile 2009

Ad Ugo Lanzalone



Non so dirlo, non so dirti
non so uscire dal nocciolo
chiuso, dei gesti non fatti
dalla penombra dei momenti
in cui, dal senso scostante dell’essere,
e non basta ammettersi,
annuirsi, ricomporsi

tutto il di più mi svuota
tutto il contorno mi sazia di nulla,
e non so dirti, non mi riesce di dirti
quello che consapevole non ti ho detto
quello che muto ho taciuto

nel non ancora, che potrebbe divenire mai più,
e non esiste questo mancarsi
per essersi troppo sfiorati
per non essere stati certi
di ciò che siamo

per non esserci amati abbastanza
per essere stati l'insufficienza
che si fa norma, la pochezza che
si fa regime, la nullatenenza che
acuisce le spine, e abbiamo altro
e questo altro non lo so proprio dire
non so dirlo, non so dirti

ora che il silenzio si fa regola
inalterabile, se non dalla pioggia
che non vuole smettere di cadere
dalla parola unilaterale,

dalla preghiera, per chi la vuole pregare
dal sogno per chi sa l'utopia,
dall'ipotesi di un futuro migliore
da parole antiche, quasi perse

quel comunismo, anarchico,
tuo primordiale, a falci e martelli,
e possibili giorni più belli,
dai tuoi spazi liberi,
condivisa poesia, e cibo,
che non potevi ma amavi,

vi vedevi un momento
di quelli più interi,
parte di un tutto
di un senso, lontani
dal rutto esistenziale che
non abbiamo, non hai
mai voluto accettare

e mi hai messo, ci hai messi,
ti sei messo nelle tue poesie,
ed hai fermato il luogo,
il nome, l'istante, con
delicato infinito gesto d'amore,
sofferto infinito amore,
delicato profondo esserti
ed esserci dentro

ed ora non ci resta che attendere
non sappiamo poi cosa
che sia un essere altro
che sia il caso, una cellula piena
un dio, un arrivederci, un a presto
un niente piantato nell'oltre
un addio, un ritroviamoci ancora

per leggerci l'ora e l'adesso
con quel modo che tu sai ricamare
con lenta tenace pazienza
parola dopo parola
essenza dopo essenza

ed ogni passo è una roccia
ogni verso muraglia
ogni peso un senso di te
una nuova leggerezza

e rabbia, e lucida ironia,
invettiva, da mettere al centro
di quello che abbiamo da fare,
da impastare con la docile
creta delle possibilità

con la voglia di mettere in dubbio
quel così è collettivo,
pensiero unico, motivo
che crede di essere il solo

sole che, prima o poi,
torna sempre a strafare,
su questo telo di pioggia

che piange le lacrime del non so
le lacrime del tra poco
le lacrime della speranza, che si
commuove di esistere e poi,
e poi proprio non so dirti

non so dirlo quanto diveniamo
la colpa di tutte le occasioni perse
le mosse sbagliate,
le idee non svelate

e di tutti i potremmo,
avremmo potuto, dipinti
dall’attento tratteggio
delle tue parole.


Giuseppe Spinillo



L’Associazione Culturale “Ingresso Gratuito”
ed il Sito internet di scrittura www.descrivendo.com

presentano
“Ad Ugo Lanzalone” Contro ogni pensiero unico
http://contrognipensierounico.blogspot.com/
Sabato 16 Maggio 2009
alle ore 20,00 in Via Castelforte, 4 - Roma

La serata sarà interamente dedicata al poeta, amico e compagno Ugo Lanzalone ed alle sue poesie. Si leggeranno suoi componimenti, poesie direttamente ispirate dalla sua poetica od a lui dedicate, e vi saranno proiezioni video.

Si potrà cenare assieme con un piatto di pasta ed un buon bicchiere di vino dalle ore 20.00.
“Questo scrissi in una settimana delle tante nella quattordicesima galassia XZ7 detta Via Lattea e lessi in via di Castelforte nel Circolo della Rifondazione Comunista civico quattro quartiere Prenestino
nel quindicimiliardesimo anno dopo il Grande Scoppio una sera.” (Ugo Lanzalone)

domenica 29 marzo 2009


Bianca la cagna da pastore
stanca di anni distesa
nel mezzo della sala
abbaia non convinta
e non si leva se entro
dove ancora è sentore di operai
comunisti ancora fedelmente e orgogliosamente ancora io borghese
per ridisporre libri polverosi che narrano
storie operaie tradite;
fiera però ancora anche
nel tradimento, sconfitta
anche nella vittoria; speranza, sì, è una cagna
tu scrivevi Fortini, ma umile e grandiosa
se speranza di umili e non grandiosi umani, operaia,
o in agonia ancora
comunista di un riscatto
che poteva anche essere
anarchico e non fu
già morto ma già vivo di un Partito scomparso
che mai fu mio
di cui una traccia resta
oscura e luminosa nella polvere d’anni che anneriscono le dita
di chi dispone in un ordine nuovo
volumi quasi
dimenticati di vecchia scuola di Partito che dava
dignità anche forse bugiarda
all’operaio cui il nemico
di classe non dava ma toglieva
soldi al lavoro duro
e dignità che oggi ancora toglie più feroce dopo il crollo
del muro che non doveva sorgere
e non doveva cadere.

Borghese nella sala
entro di un tempo
passato più veloce di una luce
e il prima il dopo l’adesso si confonde;
non domanda la cagna stanca d’anni
sbadiglia alla speranza, ma chi sbagliò
nel tempo senza tempo di una storia
che si addipana e veloce
indietro nel velocissimo salto spazio temporale
e qui o altrove;
è forse il paradosso dei gemelli se entro
borghese non più giovane ma borghese più giovane
nel tempo umano operaio
e si confonde
si dilata e si accorcia
nel vortice di storia e di natura
tra questi libri che con pigro lavoro
ripongo al posto giusto e resta il libro intatto intatta l’esegesi
di scuola di Partito che il tempo e gli anni luce
non ancora cancella ma cancella
se Marx tra polveri, se Engels, se Lenin, se Stalin,
se Gramsci, Togliatti, se anche Rosa Luxemburg,
non Trotzskij, non Bakunin che il Partito non volle
nella rigida scuola vera e bugiarda
che dava dignità e la toglieva
di operai anche oggi borghesi anche ieri
nel non interrogato.
Libri che sono toppe che mettiamo, fu errore culturale
e politico poi che sfidò cieco
natura, la chimica, il genoma
e ancora è errore e ostinato insiste
diverso e uguale nel rosso che diventa arcobaleno,
ameni inganni di indaco violetto giallo arancione
cancellano la storia, anche operaia,
e passato e futuro;
e il presente è ancora la parola bugiarda delle democrazie
che Lenin capì e che dimenticammo.

Tu dici Pasolini, Vendola, lui di muffe cattoliche
e tu ancora e libri d’altre muffe uguali
che con cura sistemo
e qualche ripulsa:
“piange ciò che muta anche per farsi migliore”
il bellissimo vero falso verso di un poeta amato ma parola consunta,
ché la parte migliore non esiste
e imperturbata torna la bugia
di pietosa arroganza
che l’umano a se stesso ripete da se stesso; l’opuscolo esegetico
di scuola di Partito che metto
nello scaffale in alto a destra ha almeno
un vero dentro l’odio
di classe che solo può salvare che non salvò nessuno;
e tutto ancora si confonde ancora
torna il vortice ancora
tornano i quanti gli acidi il genoma
e tutto velocissimo precipita
il tempo sopra il tempo che rallenta veloce
nella luce che acceca
e i colori confonde. Si perde il rosso
nell’inganno borghese
di astuti sentimenti.
E ancora
il Capitale vince.

Ma viene la fanciulla,
sorride e inconsapevole
dal vortice mi trae qui mi riporta, ai libri che ripongo
negli scaffali di metallo grigio freddo invecchiato;
la cagna non abbaia e quasi si addormenta
tra umani irrequieti
e libri ammutoliti e tu corposo Franco
che metti le belle bandiere
e ostinato di quasi ottanta anni sali sulla scaletta traballante
incurante all’incerto, e sì, anche simbolico, equilibrio
io piccolo borghese
quasi fanciullo alla tua storia ascolto operaia che tu racconti, forse anche verboso,
di partigiani periferie borgate
e pane scarso nel ’44 (io appena nascevo)
ti dico con rispetto
che la bandiera è rigida
identità militaresca marcia
e se la stracceremo Franco dentro di me di te dentro di noi
un giorno troveremo (o troveranno) forse
il vero arcobaleno
di un comunismo gaio e di anarchia
se prima o dopo del diluvio o mai.


Questo scrissi in una settimana delle tante
nella quattordicesima galassia XZ7 detta Via Lattea e lessi
in via di Castelforte
nel Circolo della Rifondazione Comunista civico quattro quartiere prenestino
nel quindicimiliardesimo anno dopo il Grande Scoppio
una sera.


Ugo Lanzalone